Angelo Capuano, Live Sicilia, 28 II 2016.
IL DIBATTITO
Concorso esterno, Salvatore Aleo: “Ricostruzione debole del gip”
Intervista a Salvatore Aleo che commenta le motivazioni della sentenza del gip su Mario Ciancio Sanfilippo.
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CATANIA. Continuano i riverberi della sentenza che ha deciso il “non luogo a procedere” nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo, imprenditore ed editore del giornale “La Sicilia”. Le centosettanta pagine scritte dalla gip Gaetana Bernabò Di Stefano sono destinate a far discutere ancora: dopo le dichiarazioni del presidente dell’ufficio Gip Nunzio Sarpietro – il quale ha ribadito l’ipotizzabilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa in accordo con gli indirizzi più recenti della Cassazione – è arrivata la levata di scudi della Camera Penale di Catania che legge nelle parole di Sarpietro un rischio “emarginazione”, invocando l’intervento degli organi di autogoverno della magistratura. Salvatore Aleo – ordinario di Diritto Penale al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania – si inserisce nel dibattito, su richiesta di LiveSiciliaCatania, commentando le motivazioni della sentenza e fornendo spunti di riflessione come quelli che offre ai suoi studenti.
“Penso sia errato affermare che il concorso esterno sia il frutto di un’elaborazione giurisprudenziale, infatti è presente nel codice – e lo era pure nei codici napoleonico, sardo e Zanardelli – e direi anche nelle cose. Ha sbagliato la giurisprudenza fino agli anni Ottanta quando negava una cosa ovvia, anche tecnicamente”. La ricostruzione teorica e tecnica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa che viene fatta nella sentenza, secondo Aleo “è culturalmente debole, e il fatto che il reato sia difficile da dimostrare – afferma il professore – non ne sminuisce l’importanza e non ne mette in discussione la legittimità: ci sono tanti delitti di prova difficile che non per questo vengono contestati, i delitti di violenza sessuale spesso hanno una prova difficile ma nessuno propone di eliminarli”.
Le parti della sentenza che destano maggiori perplessità, secondo Aleo, sono quelle in cui si esorta il legislatore a definire la fattispecie: “Tipizzare il concorso esterno è una contraddizione in termini – commenta – poiché si tratta di un contributo atipico, per definizione, che può manifestarsi sotto svariate forme, e che assume valore in base all’uso che ne vien fatto. ‘Concorre’ non è una fattispecie, ma un criterio di correlazione. Nessuno si è mai posto il problema di tipizzare la causalità. Su questo punto ho avuto diverse discussioni in ambito accademico, anche con il mio amico Giovanni Fiandaca, contestando qualunque pretesa di definizione della condotta atipica. Il problema è di prova e di argomentazione”.
Anche il riferimento alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla vicenda Contrada è fuori contesto: “La sentenza della Cedu – sottolinea Aleo – non c’entra nulla né col provvedimento in oggetto, né con la legittimità del concorso esterno: la Corte ha detto che i fatti attribuiti a Contrada erano relativi al periodo in cui la Cassazione sosteneva la non configurabilità del concorso esterno, e quindi la condanna violerebbe sostanzialmente il principio di legalità, ovvero la conoscibilità del precetto legale da parte del soggetto. Non dimostra affatto che il concorso esterno sia una nozione debole. E oltretutto quella giurisprudenza è da considerarsi errata”.
Quello che secondo Aleo è meritevole di attenzione nel provvedimento del gip è il ragionamento che sta alla base del “non luogo a procedere” relativo agli accertamenti svolti:“Quando vengono ricostruite le relazioni costitutive di un’organizzazione criminale che agisce nel tempo, i nessi di responsabilità si diluiscono, sfumano e vengono dedotti da un complesso di situazioni accumulatesi negli anni. Allora il problema è di consistenza della prova e di significatività dei fatti contestati. L’argomento di fondo del gip è che il materiale raccolto è carente dal punto di vista probatorio e non reggerebbe al vaglio dibattimentale, che gli elementi contestati nella richiesta di rinvio a giudizio non sarebbero né singolarmente consistenti né sostanzialmente dissimili da quelli in base ai quali la stessa Procura aveva già chiesto l’archiviazione”. “Nel caso di Mario Ciancio Sanfilippo – continua – stiamo parlando di quarant’anni di un ruolo importante di riferimento per una serie di attività. Ciancio viene considerato un punto di riferimento e di snodo per cose importantissime, e il gip dice ‘se fosse vera l’ipotesi accusatoria e se fosse dimostrato tutto quello che voi non avete dimostrato, non si tratterebbe del contributo di un estraneo, ma di un ruolo da protagonista dell’organizzazione’. Questo è un argomento che usa in modo paradossale per sostenere che la procura non ha raccolto elementi sufficienti da doversi svolgere il processo”.
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Live Sicilia, 4 III 2016.
LETTERA IN REDAZIONE
Concorso esterno, Lipera: “E’ una mostruosità”
L’avvocato Giuseppe Lipera interviene nel dibattito che si è acceso dopo la sentenza di proscioglimento nei confronti dell’editore Mario Ciancio. Il penalista, inoltre,risponde al giurista Salvo Aleo, intervistato su LiveSicilia.
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CATANIA – Un soggetto può essere condannato perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa? La sentenza del GUP di Catania, dott.ssa Bernabò Distefano, emessa nei confronti di Mario Ciancio, è degna di elogio o merita le più aspre censure?
Sono questi i due pesanti interrogativi che in questi giorni attanagliano il mondo del diritto. Credo esista solo un posto dove poter trovare la giusta risposta, e questo non può che essere il nostro codice penale.
Non è necessario addentrarsi negli oscuri labirinti di quest’ultimo (esperienza che auguro a pochi), ma è già sufficiente soffermarsi all’art. 1, il quale testualmente recita “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, nè con pene che non siano da essa stabilite”.
Ebbene, come noto ai più, il concorso esterno non è previsto dalla legge come reato ed è chiaro come esso rappresenti un’ipotesi delittuosa non rinvenibile nel nostro codice.
Il concorso esterno, volendo richiamare le parole utilizzate dal già Magistrato Pietro Tony nel libro “Io non posso tacere”, può essere rettamente definito come una creatura giurisprudenziale e non legislativa dove l’elusione dei principi di legalità e tassatività è massima.
Accordare la natura di “reato” al concorso esterno significa espandere in maniera pericolosa la già ampia discrezionalità del Giudice, poiché sarà soltanto quest’ultimo, senz’alcun appiglio normativo, a decidere quale condotta è punibile e quale no.
Francamente non ritengo ci sia necessità che la giurisprudenza si attribuisca un potere che la Costituzione non le affida affatto, atteso che non vi è alcuna lacuna lasciata dal legislatore; non dimentichiamo, difatti, come tutte le attività “secondarie” ricollegabili alla mafia, diverse da quelle “principali” di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione, sono già punite da precise norme del codice penale.
In particolare, l’art. 418 prevede il reato di assistenza agli associati mentre l’art. 378, comma II, prevede il reato di favoreggiamento agli associati mafiosi; vi è poi l’art. 7 D. L. 13/5/1991 n. 152 che prevede una specifica aggravante per chi commette reati (previsti quindi tassativamente e sempre dal codice) al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose.
Ora, se non rientra nell’ipotesi di cui al 416 bis e non rientra neppure nelle varie ipotesi “secondarie” degli articoli appena citati, è chiaro come il concorso esterno si ponga come unico e pericoloso obiettivo, quello di sanzionare penalmente condotte di per sé lecite, suscettibili forse esclusivamente di un rimprovero etico.
Per questa ragione il concorso esterno non può che definirsi una mostruosità, una pericolosissima arma in mano dei Giudici, pronta ad essere utilizzata per colpire chiunque e per qualunque cosa.
Un soggetto ben sa, o dovrebbe sapere, che chiunque uccide un uomo verrà processato per omicidio; sa che chiunque ruba verrà processato per furto, rapina o altri reati contro il patrimonio; sa che chiunque violenta una donna sarà processato per violenza sessuale; nessuno, dicasi nessuno, però sa che cosa non deve fare per non essere processato per concorso esterno in associazione mafiosa!
Chi ha osato dire che è errato affermare che il concorso esterno in associazione mafiosa sia frutto di un’elaborazione giurisprudenziale, perché già previsto nei codici napoleonico, sardo e Zanardelli, ha pronunciato una vera e propria assurdità, anzi una bestemmia giuridica.
Un’ipotesi delittuosa non può essere frutto di un’invenzione o di una corrente di filosofia giuridica, ma esclusivamente il risultato di una combinazione armoniosa tra le norme del codice e non un pensiero euforico (si pensi a quel magistrato che, disconoscendo tale equilibrio, è arrivato a contestare sinanco il tentato omicidio colposo).
Altresì, dobbiamo ricordare come il 416 bis c.p., che alcuni giuristi (avallati dalla giurisprudenza) ritengono di poter combinare con l’art. 110, sia figlio del più “anziano” art. 416 c.p., il quale prevede il reato di associazione per delinquere. Si badi bene, però, come nel testo del 416, articolo che non è stato coniato su onde emotive o emergenziali, è espressamente previsto che il fine dell’associazione deve essere quello di “commettere delitti”.
Or, è pressoché implicito che tale “finalità” debba comunque essere ricondotta anche all’associazione di tipo mafiosa, in quanto non si può punire colui il quale “è mafioso”, ma bisogna punire chi “fa il mafioso”, e cioè colui che compie i noti crimini di “mafia”.
Ritornando agli interrogativi iniziali, credo che l’ormai celebre sentenza “Ciancio” non sia assolutamente da criticare anzi: essa è una perla rara e come tale andrebbe difesa con assoluta convinzione, per cui non si possono condividere gli attacchi gratuiti provenienti da alcuni soloni universitari che, tra l’altro, soltanto di rado usano varcare le soglie di un’aula di Giustizia.
Il coraggio mostrato dal Giudice Gaetana Bernabò Distefano merita esclusivamente plauso, il più assoluto rispetto e convinta ammirazione; deve essere, difatti, da esempio per tutti l’operato di un Magistrato che, andando contro certa Giurisprudenza e certa pseudo dottrina, è riuscito a scrivere in sentenza ciò che molti sanno, ma che pochi hanno l’audacia di dire e sottoscrivere: il concorso esterno è un reato che non c’è nel codice!
L’augurio quindi è che questa sentenza possa aprire finalmente e definitivamente un varco, che faccia finalmente comprendere come il potere di legiferare spetti esclusivamente al legislatore.
Avv. Giuseppe Lipera