Massimo Minini, Il Foglio-Arte, 30 VIII 2022
IL MONDO E’ CAMBIATO, LA BIENNALE NO
Ho rivisto la Biennale pochi giorni fa. Poi è successo il finimondo e sono scappato cacciato dalla potenza della Natura che si vendica su di noi per averla abbandonata a favore della Cultura. La Biennale soffre di guai strutturali che un direttore di turno per quanto bravo non può risolvere.
Per lunghi anni si è lavorato alla riforma dello statuto. Risultato: il nuovo statuto è peggio del precedente. La Biennale è prigioniera del passato. Il mondo è cambiato in questi tre secoli 1800/1900/2000. La Biennale no, ma il mondo è cambiato ancor più negli ultimi cinque anni. Quindi lo statuto oggi andrebbe aggiornato almeno ogni cinque anni.
Oggi i padiglioni nazionali non hanno più senso. Chi ricorda cosa è successo nei padiglioni dell’Egitto? Della Grecia? Dell’Ungheria? Canada, Danimarca, Urss? Quanti artisti inghiottiti dalla Storia! La Biennale è come la campionaria di Milano, un rudere concettuale. La campionaria è stata spazzata via dai saloni e poi dai fuori salone.
Anche il Salone del Mobile, la fiera più importante in Italia, si è sciolto nella forza dei fuori salone. La Biennale continua imperterrita, prigioniera dei padiglioni d’Egitto nonostante lo sbarco massiccio di nuovi gestori che ornano la città e non i giardini.
Tentativi ce ne sono stati: APERTO con la transavanguardia, poi allargatosi alle bellissime Corderie, Tese e Arsenale. La très grande Expo ormai contrasta con i padiglioni nazionali, il fuori Biennale cresce, grandi gruppi aprono a Venezia proprio per approfittare della manifestazione che ha ancora grande potere di attrazione ma che ormai soffre il confronto.
Anche quest’anno meraviglie: MARLENE DUMAS, BRRRRUUUCEEENAUMAN, PRADA e le NEUROSCIENZE, KAPOOR con due bombe, KIEFER nel Sancta Sanctorum. NEVELSON… insomma, la Biennale è fuori di sé. Deve ritrovare un equilibrio tra se stessa (trasformando i deboli padiglioni dei giardini in preziosi alleati) e il grande mondo là fuori pronto a mangiarsela.
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Alessandra Mammì, mail a Dagospia, 31 VIII 2022
ALESSANDRA MAMMÌ REPLICA A MASSIMO MININI CHE HA BOLLATO LA BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA DI ESSERE “UN RUDERE CONCETTUALE”
Caro Dago ho letto il pensiero del pur stimabile Massimo Minini che dalle pagine del Foglio torna puntuale sulla malsana proposta di abolire i padiglioni nazionali alla Biennale di Venezia. Peccato perché della Biennale son la cosa più viva, anche se le nazioni traballano e la globalizzazione dell’arte impera, anche per colpa del mainstream del mercato.
E dunque, in questa come nelle future e nelle passate biennale, se si vuol vedere qualcosa di non già visto è proprio nei padiglioni nazionali che bisogna andare, dentro e fuori i Giardini per scoprire cosa bolle in Uganda o in Irlanda, in Austria o in Zimbabwe, Svizzera o Emirati.
Ma Minini, sostiene invece che è fuori della Biennale la vera arte. Dove? Nei palazzi storici che ospitano Kiefer e Nauman, la Nevelson o la Dumas? Ma abbiamo visto le date di nascita? Una sfilata sul Novecento di grandi nomi da sussidiario per di più tutti tutelati dai loro legittimi sponsor.
Gagosian che porta Kiefer a Palazzo Ducale accanto a Tintoretto, Richard Staulton che promuove un bel recupero di Bice Lazzari a Ca’ Pesaro, Pinault che ci regala due splendide mostre di Nauman e Dumas nei suoi privatissimi palazzi. Persino alla Querini-Stampalia arriva la firma della potente Hauser&Wirth per mettere in scena l’imperdibile duetto di Danh Vo e le lampade Noguchi.
Bellissime mostre che dobbiamo però soprattutto alla potenza del mercato, mentre quei padiglioni nazionali saranno pure eredità della Società delle Nazioni ma perlomeno si propongono come proposta pubblica che arriva dritta dai Ministeri della Cultura dei diversi paesi.
Quindi non è la Biennale ad essere fuori di sé, ma semmai Venezia che cede senza batter ciglio i suoi musei, i suoi pubblici palazzi storici lasciando persino a volte che il nome delle gallerie sponsor sia più grande del logo dell’istituzione. La Biennale invece fa bene a mantenere una struttura che l’ha resa unica, forte, indispensabile e che funziona ormai dal 1895. Lunga vita ai padiglioni!