Enrica Piovan, ANSA, 4 XII 2020
L’ITALIA E’ UNA RUOTA QUADRATA CHE NON GIRA
Una ruota quadrata che non gira. Il sistema Italia avanza a fatica, arranca tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante questo anno eccezionale: l’epidemia, infatti, ha squarciato il velo sulle vulnerabilità strutturali del nostro paese. Il re è nudo e ora il rischio è che, una volta che ci saremo lasciati alle spalle il virus, questi difetti si ripresentino domani più gravi se non si interviene ora in maniera energica.
La fotografa che il Censis scatta come ogni anno nel 54.mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, trova una società indebolita e impantanata, in cui prevalgono paura e ansia e che nella logica del meglio sudditi che morti rinuncia ai propri diritti, si aggrappa al salvagente dello Stato e approva anche le ultime restrizioni natalizie; ma proprio in questa crisi si scorge l’opportunità di quel cambio di passo, non più rinviabile, per poter rimettere in cammino l’economia e risaldare la società.
Nell’anno della paura nera dell’epidemia, il virus ha aggredito una società già stanca e ha accelerato alcuni processi già in atto. Nell’Italia già provata da anni di resistenza alla divaricazione dei redditi, il Covid ha infatti ampliato le disuguaglianze sociali già esistenti, con da una parte sempre più famiglie con un sussidio di cittadinanza (+22,8%), e dall’altra pochi miliardari (40) aumentati sia in numero che in patrimonio durante la prima ondata dell’epidemia.
La vera frattura sociale risulta essere tra chi ha la certezza del reddito e chi no. Se ci sono 3,2 milioni di “garantiti assoluti”, i dipendenti pubblici, cui si aggiungono 16 milioni di pensionati che si trasformano in “silver welfare” a supporto di figli e nipoti, per il resto si entra nelle “sabbie mobili: il settore privato senza casematte protettive”; c’è poi la falange dei più vulnerabili, i dipendenti del settore privato e le partite Iva; infine, “l’universo degli scomparsi”, circa 5 milioni di persone alle prese con lavoretti nei servizi e lavoro nero, inabissatisi senza rumore.
E con il lavoro che va a picco, a pagare il conto sono i più deboli, i giovani e le donne, che hanno perso nel terzo trimestre già 457 mila i posti di lavoro, mandando in fumo il 76% dell’occupazione. In questa crescente incertezza, in cui si fanno sempre meno figli (i nuovi nati nel 2019 sono stati 420.170 e quest’anno sprofonderanno sotto soglia 400 mila) e si riduce la propensione al consumo, si sceglie la strada di mettere i soldi da parte per evitare di contrarre debiti: cresce infatti la liquidità delle famiglie (contante e depositi a vista hanno superato 1.000 miliardi).
Ma ci sono anche persone a rischio immediato di insicurezza economica, che dispongono di risorse finanziarie per meno di un mese (il 17,1%). E sempre più famiglie in difficoltà a pagare il riscaldamento della casa. L’emergenza accentua i divari anche nelle scuole: l’esperimento della didattica a distanza, infatti, sembra non aver funzionato adeguatamente tanto che per il 74,8% dei dirigenti ha ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti. Il virus ha anche evidenziato i limiti del sistema sanitario nazionale, che è arrivato all’appuntamento col Covid “piuttosto fragile”, dopo anni di contenimento della spesa pubblica nella sanità e di “mancato ricambio generazionale di medici e infermieri”.
Ma ha anche portato il 37% degli italiani ad utilizzare molto meno di prima i mezzi pubblici. E’ una società in cui si è radicata la “bonus economy”, una mole di sussidi per 26 miliardi a oltre 14 milioni di beneficiari (quasi 2 mila euro a testa ad un quarto della popolazione). Una società che nel 2020 ha preferito spostarsi nelle seconde case piuttosto che viaggiare e si è riscoperta sempre più digitale. Ma anche una società in cui il clima di incertezza e paura legato alla pandemia spinge il 40% degli italiani a considerare un azzardo avviare un’impresa dopo l’epidemia e fa riaffiorare l’idea di giustificare la pena di morte (quasi la metà degli italiani la reintrodurrebbe).
“Il timore è che questi difetti possano ripresentarsi domani più gravi di prima se non interverremo in maniera energica”, osserva il direttore generale del Censis Valerii. La strada, indica il Censis, parte dal sistema fiscale, per arrivare al ridisegno del sistema fiscale, fino alle questioni territoriali. “La sfida è che la classe dirigente ritrovi la forza e il coraggio di mettere mano ai problemi del Paese”, osserva il segretario generale De Rita. E soprattutto serve chiarezza, indica il presidente del Cnel Treu, luce indispensabile per aiutare il disorientamento.