Massimo Gaggi, Corriere della sera, 29 I 2015.
«VOGLIO TORNARE A RAGIONARE IN PROFONDITA’»
Usa, il pioniere dei blog chiude il sito: «Saturo della vita digitale».
Andrew Sullivan, il fondatore di «The Dish», quindici anni fa, fu tra i primi a battere la strada dell’informazione su Internet «Basta, voglio tornare al mondo reale»
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NEW YORK – «Sono saturo di vita digitale, voglio tornare al mondo reale. Sono un essere umano prima che uno scrittore e un blogger. Voglio tornare a leggere. Lentamente, con cura. Assorbire un libro difficile e ritirarmi nei miei pensieri per un po’. Tornare a dare forma alle idee dentro di me senza dover trasformare istantaneamente tutto in blog». Colpisce la scelta di Andrew Sullivan, vero pioniere del nuovo universo dell’informazione digitale, di smantellare “The Dish”, il suo sito giornalistico personale costruito con grande impegno negli ultimi due anni. Ma colpiscono forse ancora di più le parole imbevute di dolore, orgoglio e disillusione scelte per annunciare il distacco ai suoi fedeli lettori.
Il celebre autore e polemista inglese trapiantato in America dove 15 anni fa fu tra i primi a battere la strada dell’informazione (e della polemica) in presa diretta su Internet, alimentata attraverso un “blog” personale, immediato e senza filtri, abbandona il giornalismo digitale. Non è il primo caso e dietro potrebbero esserci anche motivi di salute (che lo stesso Sullivan cita nel suo messaggio d’addio ai lettori) o di delusione professionale. Nella nota messa in rete mercoledì sera, Sullivan ripercorre la sua carriera: il “blog” ospitato prima dal sito di “Time”, poi da “The Atlantic” e dal “Daily Beast”. Infine, due anni fa, la scelta di diventare egli stesso un “brand”, fondando “The Dish”, la sua impresa giornalistica individuale. Impresa faticosa, ma che ha avuto successo, sostiene l’autore: 30 mila abbonati che pagano il servizio, un milione di lettori e un milione di dollari di fatturato. Forse i risultati non sono stati pari all’enorme sforzo personale di Andrew: i commentatori che oggi si dicono addolorati e sconcertati per la scelta di Sullivan, ammettono che ormai leggevano solo saltuariamente “The Dish”. Qualcuno sospetta addirittura che quella dell’autore possa essere un’astuta (o disperata) mossa pubblicitaria: un’uscita di scena per fare notizia e farsi richiamare a gran voce.
Ma anche se non ha ancora detto quando cesserà le pubblicazioni, Sullivan ha già disattivato il sistema di rinnovo automatico degli abbonamenti e il “pay-meter”, il meccanismo col quale gli utenti pagano per quello che leggono. E nel suo messaggio d’addio il giornalista sembra davvero esausto e desideroso di cambiare vita, oltre che malato: «Non è qualcosa legato all’Hiv» scrive Sullivan, un gay sposato con un altro uomo che ha reso noto da anni di essere Hiv positivo. «Il medico mi ha detto semplicemente che sto soffrendo per il logorio causato da 15 anni di lavoro continuo, giorno e notte, e per lo stress conseguente: alla fine bisogna guardare in faccia la realtà. E poi voglio più tempo per me stesso e per stare coi miei cari».
Da tempo molti esperti avvertono che, tuffandoci con eccessivo entusiasmo e in modo acritico nell’universo delle tecnologie digitali, stiamo cambiando il nostro modo di apprendere e di ragionare, oltre che di analizzare i fatti: l’informazione “flash”, l’analisi in 140 caratteri, il continuo botta e risposta, la rete che moltiplica, esaspera e accelera tutto con un effetto-rimbombo che diventa incontrollabile. Saggisti come Nicholas Carr e Jaron Lanier ci invitano a cambiare strada prima che sia troppo tardi. Prima che si consolidino le vere e proprie mutazione genetiche che cominciano a manifestarsi nel nostro cervello di “uomini sapiens” trasformati in “uomini zappiens”. Oggi Sullivan rompe gli indugi e annuncia che staccherà la spina: «Voglio tornare a ragionare in profondità, voglio scrivere un libro». Ma forse nel mondo delle reti sociali consolidate e degli occhi dei ragazzi fissi sullo schermo di uno “smartphone”, quella spina non sappiamo nemmeno più dove sia.