Piero Ostellino, Il Giornale, 26 IV 2015
Quando lo Stato è un parassita illiberale
Nato per liberare l’uomo dalle servitù medievali, lo Stato moderno è diventato una burocrazia autoreferenziale, invasiva e di ostacolo delle libertà e delle capacità di iniziativa economica e sociale dell’individuo.
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Per capire perché il mondo contemporaneo non produca imprenditori, ma disincentivi il risparmio e gli investimenti, scoraggi la sfida e il rischio, che sono all’origine di una sana imprenditorialità, occorre risalire alla genesi e allo sviluppo dello Stato moderno.
Nato per liberare l’uomo dalle servitù medievali, lo Stato moderno è diventato una burocrazia autoreferenziale, invasiva e di ostacolo delle libertà e delle capacità di iniziativa economica e sociale dell’individuo. Il mondo è passato dalla promessa di una libertà più matura e di un più stabile benessere alla realtà di una nuova schiavitù. Di volta in volta la politica si è posta il problema che poi non ha risolto – prigioniera come è della promessa di assistere l’uomo dalla nascita alla morte, ricavandone, a sua volta, consenso e potere cui non sa rinunciare. Nel 1994, ci si era provato Berlusconi, recentemente lo ha promesso Renzi. Ma la situazione è peggiorata, invece di migliorare. Così, l’individuo ha perso la propria naturale caratterizzazione di cacciatore, che aveva all’origine della specie, cioè quella di saper pensare, e provvedere a se stesso, ed è diventato un assistito che si aspetta dallo Stato ciò cui dovrebbe provvedere lui stesso.
Per rimediare, bisognerebbe ricreare le condizioni che facilitarono la nascita dello Stato moderno – sviluppo dei mercati internazionali e meno vincoli amministrativi. Lo sviluppo dei mercati internazionali, in parte c’è già, con la cosiddetta globalizzazione, ma è approdato, e si traduce, in una molteplicità di chiusure e di egoismi nazionali, invece di generare quella forma di cooperazione spontanea e di libertà che erano stati, nel XIX secolo, i liberi scambi commerciali. La deregolamentazione amministrativa la promette ogni governo. Ma poi non la fa, perché non gli conviene. Quando è la politica a pretendere di realizzare lo sviluppo che gli uomini, in un libero mercato, sarebbero in condizioni di produrre da soli, il risultato è immancabilmente la nascita di nuove forme di illibertà. Gli organismi creati razionalmente per rispondere alle domande, come l’Unione europea, sono falliti e diventati ostacoli allo sviluppo. Quella che era parsa una grande conquista per l’umanità lo Stato assistenziale è diventata, con la fiscalità, una nuova, e più grave, servitù.
Non ha eliminato la povertà, ma ne ha creata una nuova non è lo Stato ad essere al servizio del cittadino, bensì è il cittadino ad essere al servizio dello Stato – della nuova servitù fa le spese soprattutto il ceto medio che, nell’Ottocento, era stato il motore sociale dello sviluppo. Lo Stato contemporaneo non produce ricchezza, ma consuma quella che la società civile produce, e produrrebbe in maggior misura se la funzione pubblica non vi opponesse molteplici vincoli per alimentare quella nuova forma di totalitarismo che è la burocrazia. Che non è, come dovrebbe essere, lo strumento razionale di un nuovo, e maggiore, benessere, ma è il parassita che assorbe, e distrugge, risorse invece di facilitarne la produzione e lo sviluppo.