Paolo Ribichini, La Repubblica, 14 IV 2022
Puglia. Tricase e il Portus Veneris: i segreti del Salento di Levante
Alla scoperta di una splendida terra di confine,tra mare e colline, da sempre snodo di commerci , di culture (e in qualche caso di guerre). Tra chiese, aree archeologiche e il peculiare porto-museo, una perla ancora poco sfruttata.
Luogo di passaggio, da millenni. Terra di guerre e commerci, di culture mescolate e tradizioni marinare. Nel Salento di Levante si respira aria di confine. Prima i greci, poi i romani, i bizantini, i turchi, i corsari. Un lembo di terra proiettato verso sud-est, verso il Mediterraneo centrale, sferzato dallo scirocco e dal grecale. Tricase, con Otranto a nord e Santa Maria di Leuca a sud, ne rappresenta il fulcro. Il territorio parla da solo: una quercia millenaria originaria dei Balcani, edifici fortificati, un piccolo porto fondato dai greci dove si conservano le antiche tradizioni marinare. Non siamo a Lecce, né a Gallipoli. È l’altro Salento, quello meno turistico, forse più autentico.
Tricase, una città salentina di confine
Tricase è una cittadina incastonata nelle cosiddette Serre Salentine, lievi colline che caratterizzano il territorio. Deve il suo nome all’unione di tre casali che determinarono la nascita del primo nucleo abitativo dell’odierna cittadina la quale, con le sue frazioni, con le campagne e le marine, custodisce segni e testimonianze di una storia di “confine”, tra palazzi, castelli, chiese, torri costiere, aree archeologiche, cripte, frantoi ipogei. Si tratta di un vero e proprio “tesoro” diffuso di arte, cultura e tradizioni. In un centro storico, comunque poco esteso, si trovano diversi edifici tipicamente salentini, con un importante valore storico e architettonico: la Chiesa madre della Natività della Beata Vergine Maria, la Chiesa di San Domenico, la Chiesa di San Michele Arcangelo, la Chiesa della Madonna di Costantinopoli, La Chiesa e il convento dei Cappuccini. Altri importanti edifici religiosi si trovano nelle campagne, come l’Abbazia di Santa Maria del Mito e la Cappella della Madonna di Loreto. Non mancano, poi, testimonianze di architetture militari, come i cinque castelli e le tre torri marine presenti nel centro e nel circondario come il Palazzo Gallone, oggi sede della municipalità di Tricase. Il nucleo originario di questo castello fu edificato nel XV secolo ed era – un tempo – dotato di un recinto fortificato e un ponte levatoio.
Il Porto-Museo
Uno dei luoghi imperdibili per chi dovesse solo attraversare questo territorio è il Porto di Tricase [https://www.portomuseotricase.org/it/il-porto-museo/]. Dopo un processo durato quasi due decenni, è nato qualche anno fa il “Porto Museo di Tricase”. Non è un museo in un porto ma un porto che si fa museo, per conservare e raccontare i saperi secolari di questa realtà e delle sue genti vissute sempre tra il mare e la terra. Tricase Porto è così diventato il luogo ideale per chi cerca nel viaggio il contatto con la cultura del luogo e con le sue tradizioni, un posto dove vivere esperienze particolari, se non uniche. Nell’area portuale c’è il Centro Culturale Permanente sulle Antiche Tradizioni del Mare, fondato e gestito dall’associazione Magna Grecia Mare dal 2006, insieme al Museo delle Barche Tradizionali e alla Scuola di Vela Tarda e Antica Marineria. Camminando lungo la banchina non si può non notare la piccola flotta di barche da pesca a vela. Queste appartengono al Museo dell’Arte del Mare e delle Barche Tradizionali. Dopo essere state salvate dal fuoco, le varche e schifareddhi sono state restaurate e restituite al mare e alla navigazione. Sono ormeggiate in uno spazio dedicato, offrendo una visione suggestiva e colorata. Durante i percorsi didattici della Scuola di Antica Marineria, sono a disposizione per chi vuole vivere l’esperienza della navigazione tradizionale. Tra queste c’è il veliero Portus Veneris, emblema del Porto-Museo di Tricase di cui porta l’antico nome. È arrivata a Tricase nel 2002 con a bordo 98 profughi curdi iracheni. Vecchia di circa cento anni, è un esemplare tipico dell’area egea del Mediterraneo con due alberi e due vele latine, oltre a diversi fiocchi. Nel porto si può sperimentare anche l’ittiturismo grazie a una piccola azienda a conduzione familiare di pesca artigianale che ha integrato la pesca con il turismo e la ristorazione.
Ceramiche e ricamo
Oltre a quella marinara, Tricase ha una forte tradizione nella produzione di ceramiche. Il terreno argilloso ha favorito nei secoli questa produzione artigianale. Nel centro storico, in via Tempio, c’è il laboratorio di Ceramiche Branca, fondato qualche decennio fa da Agostino Branca, ceramista tra i più apprezzati nel panorama salentino e nazionale. Chi visita il suo laboratorio può acquistare la sua produzione che si ispira alla tradizione locale oppure commissionare un’opera. Inoltre, è possibile partecipare ad alcuni workshop nei quali Agostino spiega le tecniche del ceramista e fa toccare con mano ogni fase della produzione. Sempre nel centro si trovano alcuni showroom e atelier che propongono ai visitatori esperienze di laboratorio sulla tessitura d’arte, grazie all’impegno di alcuni giovani che mantengono salda la tradizione della tessitura e del ricamo nel Salento di Levante.
Querce d’oriente e muretti a secco
Fuori città, le campagne sono dominate dai tipici muretti a secco per delimitare i confini, “lamie” e “pajare” come ripari temporanei, pozzi, cisterne per l’acqua, edicole e cappelle votive. Ma a caratterizzare maggiormente il territorio tricasino sono le querce vallonee, originarie dei Balcani e presenti in Europa occidentale solo in questo spicchio di Salento. Furono probabilmente i monaci basilisti, in fuga dalla furia iconoclasta 1.300 anni fa, a portare le ghiande da Oriente, usate un tempo per fare il pane. Tra questi alberi c’è la cosiddetta Quercia dei Cento Cavalieri, con almeno 700 anni di vita sulle spalle. Un vero e proprio monumento botanico. Nel 2019 è stata nominata albero d’Italia con uno speciale premio assegnato dalla Giant Trees Foundation. Il suo tronco misura più di 4 metri di diametro, è alta 20 metri e la sua chioma copre una superficie di circa settecento metri quadrati. Deve il suo nome a una leggenda: sotto i suoi rami Federico II, accompagnato da 100 cavalieri, trovò rifugio da una improvvisa e violenta tempesta. La quercia si trova in un triangolo di terreno recintato tra le due carreggiate della provinciale 78, a metà strada tra Tricase e il mare. Perno di una storia millenaria fatta di commerci, conquiste, fughe e incursioni.