Antonio Socci, Libero Quotidiano, 17 IV 2022
Apocalisse nucleare, l’umanità a rischio nel giorno di Pasqua: rumors sulla prossima mossa di Mosca
«L’impressione è che l’intera umanità si stia recando a una sorta di appuntamento planetario con la propria violenza». Lo scriveva, qualche anno fa, René Girard, uno dei grandi pensatori del nostro tempo. Siamo arrivati a quell’appuntamento? Sebbene preoccupati dalla guerra in Ucraina, fatichiamo a comprendere la reale gravità della situazione. Eppure questa Pasqua dell’anno 2022 potrebbe davvero essere l’ultima. L’ultima della civiltà umana. Non è un’esagerazione. L’escalation è evidente. Non c’è solo il probabile ulteriore allargamento della Nato a Finlandia e Svezia. Ormai l’impegno americano nella guerra è massiccio e dopo l’approvazione da parte di Biden dell’invio di nuove micidiali armi all’Ucraina per altri 800 milioni di dollari (3 miliardi dall’inizio della guerra), con la nota diplomatica del 12 aprile la Russia ha ufficializzato l’avvertimento finale: «Chiediamo agli Stati Uniti e ai suoi alleati di fermare l’irresponsabile militarizzazione dell’Ucraina, che comporta conseguenze imprevedibili per la sicurezza regionale e internazionale». Aldilà del fatto che la Russia è la principale «irresponsabile», in sostanza Putin preannuncia che è pronto ad attaccare il trasporto di armi americane in Ucraina. Siamo a un passo dalla dichiarazione di guerra verso chi sta attivamente (dietro le quinte) partecipando allo scontro militare. Si profila così all’orizzonte di questo conflitto assurdo (che poteva e doveva essere evitato) uno scontro diretto fra le potenze nucleari: Usa e Russia. È un momento molto più pericoloso della crisi dei missili di Cuba che in fondo durò pochi giorni e non avvenne in un contesto di guerra, mentre oggi assistiamo a una continua escalation militare che tutti alimentano e a cui nessuno – tranne il Papa- sembra voler mettere fine.
Quali siano le «conseguenze imprevedibili» a cui allude Mosca è chiaro, dal momento che tutte e due le grandi potenze – per la prima volta – hanno fatto sapere (più o meno esplicitamente) che il «primo colpo», cioè l’attacco atomico preventivo, per decenni rifiutato da entrambi, è ora considerato ed è diventato possibile. Nelle ultime ore ne ha parlato Zelensky e anche il direttore della Cia Burns ha dichiarato la sua forte preoccupazione: «Nessuno di noi può prendere alla leggera la minaccia del potenziale uso di armi nucleari tattiche o a bassa resa» da parte russa. Quel «primo colpo» ci trascinerebbe nel precipizio del conflitto nucleare che è in grado di distruggere (e molte volte) l’umanità. La situazione è gravissima anche perché – oltre all’attacco nucleare deliberato – non va sottovalutata la possibilità che il conflitto nucleare possa scoppiare per errore. Si tratta di un incubo che è sempre incombente, pure in tempo di pace, ma che diventa infinitamente più pericoloso durante un conflitto – come questo – in cui il dito sta già nervosamente sopra il nefasto bottone. Per capire quanto questa situazione sia critica bisogna tener presente che tantissime volte, negli scorsi decenni, si è sfiorata la catastrofe atomica per falsi allarmi ed errori di calcolo. Il 29 gennaio 1994 il Pentagono riconobbe che negli ultimi venti anni erano scattati ben 136 allarmi «dopo l’improvvisa esplosione nell’atmosfera di una meteora… che poteva essere scambiata per uno scoppio nucleare. E tale quindi da innescare automaticamente la reazione americana contro un ipotetico attacco missilistico». Lo scriveva Robert McNamara, politico di grande esperienza internazionale (fu segretario alla Difesa degli Stati Uniti dal 1961 al 1968 con John Kennedy e con Lyndon B. Johnson e in seguito presidente della Banca Mondiale), alla vigilia della Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (New York, maggio 2005) in un suo intervento su Foreign Policy. Un intervento drammatico dove sottolineava che la testata atomica media degli Usa «ha un potenziale distruttivo 20 volte superiore a quello della bomba di Hiroshima». E ce ne sono molte migliaia nel mondo. McNamara spiegò che «per dichiarare una guerra occorre un atto del Congresso», ma «per dare il via a un olocausto nucleare è sufficiente una deliberazione raggiunta in una ventina di minuti dal presidente e dai suoi consiglieri». Valutare in soli venti minuti se si tratta di un attacco reale odi un falso allarme è terrificante. Questo rischio – osservava McNamara – «è inaccettabile perché gli esseri umani possono sbagliare» e sbagliare in un caso simile «condurrebbe alla distruzione di nazioni».
Il rischio poi è enormemente più alto in una situazione di guerra come quella attuale. Già in tempo di pace McNamara concludeva che «la combinazione di fallibilità umana e armi nucleari comporta un rischio elevatissimo di catastrofe nucleare». Ma quanto è aumentato questo «rischio elevatissimo» nei giorni che stiamo vivendo? Se McNamara poteva scrivere nel 2005 che «siamo in un momento critico per la storia dell’umanità», cosa dovremmo dire oggi? Com’ è stato possibile arrivare fino a questo punto quando c’era stata la possibilità di prevenire il conflitto (mi riferisco alla proposta fatta da Scholz a Zelensky il 19 febbraio e ad altre precedenti)? Com’ è possibile che nessuno, né politici, né intellettuali, si renda conto che siamo sull’orlo dell’abisso e tutti soffino sul fuoco? Perché si è lasciato solo il Papa e neanche un capo di stato europeo (tanto meno il “cattolico” Biden) ha fatto sua la richiesta di una tregua di Pasqua per una vera trattativa? Perché la UE, invece di inviare armi, non ha preso una vera iniziativa di pace facendo pressione su Biden?