Andrea Cionci*, blog su Libero Quotidiano, 22 X 2022
La Meloni premier: finalmente un vero uomo a Palazzo Chigi
Tranquilli, non abbiamo bevuto. Il titolo è un po’ provocatorio, ma è nato spontaneo dopo gli irritanti salamelecchi finto-parità-di-genere di alcuni politicanti di sinistra all’intronizzazione della Giorgia nazionale. (Politicanti che, peraltro, nei loro partiti esercitano un maschilismo neanderthaliano).
Per quanto la giovane signora sia indubbiamente e gradevolmente appartenente al gentil sesso – con buona pace di quelle teste gloriose che vorrebbero il genere una “sovrastruttura culturale” – il Presidente Meloni incarna, come nessun altro predecessore uomo, caratteristiche cosmiche precipuamente maschili.
I polemici si risparmino levate di scudi vetero-68ine: si tratta di principi universali, notissimi alle più antiche filosofie orientali e occidentali. Il sole e la luna, lo Yin e lo Yang, Marte e Venere, le polarità opposte che armonizzano il mondo.
Ecco gli archetipi del maschile: attivismo, tenacia, coerenza, penetranza, combattività, inflessibilità, impeto, razionalità, conservazione, assertività, costruttività, ai quali si contrappongono le complementari virtù femminili: ricettività, protezione, accoglienza, astuzia, dedizione, mediazione, intuito, pazienza, trasformazione, dolcezza, riserbo, adattabilità…
La Meloni ha vinto perché, essendo donna, ma dotata al contempo e in modo marcatissimo, di queste virtù maschili, si è presentata come un leader affidabile, capace di intercettare quelle esigenze di completezza che i disastri criminali dei governi precedenti avevano reso indispensabili.
E’ una piccola amazzone, arrivata dov’è senza mortificanti quote rosa e senza cene eleganti; non ha fatto patti col diavolo e, alla fine, ha vinto e ricevuto un premio migliore delle corna di Bafometto in cristallo Swarosky.
Pensiamo solo a chi si è avvicendato prima di lei a Palazzo Chigi: omuncoli che non hanno avuto il coraggio di presentarsi davanti agli elettori per farsi votare; arnesi messi lì dalla Mammona Unione europea, o da giochi di palazzo: vili affaristi servi di poteri sovranazionali; avvocaticchi attaccati alle gonne di cardinali massoni; nobilastri imbolsiti e catatonici; traffichini pugnalatori alle spalle; finti primi-della-classe passati al nemico; barbogi liquidatori in loden… Insomma, una corte dei miracoli che ha fatto a brandelli l’Italia e vessato il suo popolo sotto tutti i punti di vista.
Alla fine, giunti alla canna del gas – ormai costosissimo – gli Italiani hanno finalmente deciso di superare la paura infantile del Babau littorio, e si sono concessi una botta di vita: “una volta tanto, votiamo una persona normale, va’…”. E inutilmente i guitti sinistrorsi continuano a urlacchiare per la bottiglia di vino con l’etichetta del Duce, per il tassinaro che fischietta Faccetta nera, per il consigliere comunale di Trecase di Sotto che fa il saluto romano a Carnevale. Fra poco grideranno allo scandalo per le foto di Mussolini sui libri di storia, ma non attacca più, nemmeno con i predicozzi fuori tempo massimo di certe regine madri.
L’anima maschile di Giorgia Meloni c’è, ed è potente: risuona come un rombo negli armonici gravi e contraltili della sua voce quando la “appoggia” sul diaframma nei comizi. In lei c’è un piccolo Marte, nascosto e celato come quelle note ctonio-garbatelliane della sua laringe che nessuno sospetterebbe mascherate dalla risata argentina esibita nei salotti di Vespa. In tanti elettori le rimproverano le concessioni al green pass e all’armamento ucraino, ma, del resto, se avesse assunto posizioni “antisistema”, pensate che le avrebbero mai permesso di vincere e governare? Non aspettavano altro, su, nell’Olimpo del 18° piano, che un suo passo falso antiatlantista per dare l’incarico – a sfregio – a qualche orsacchiottone Eurassicurante.
Ora, si tratta di vedere solo una cosa. L’eterno maschile ha pregi e difetti: il rischio è che il piccolo Marte racchiuso in lei ci possa poi trascinare nel gorgo bellicista deep-atlantista, guidato da quel signore anziano che saluta persone immaginarie.
Magari finora è stata solo una manfrina, un gioco del poliziotto buono-poliziotto cattivo insieme a Berlusconi per fare fessi i tiranni della Ue. Forse se la bevono, chissà. Molto ci diranno le elezioni di medio-termine americane.
Fa ancora caldo, ma tra un pugno di settimane arriverà il gelo. Sapremo allora, a mente fredda – in senso sia figurato che letterale – se la Meloni sarà davvero, come si spera, l’andro-madre della Patria o l’ULTIMA delusione. E vedremo se questi primi, caldi entusiasmi tricolore non si spegneranno sotto una doccia fredda, o sotto un gelido fall-out nucleare.
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* Storico dell’arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. E’ stato reporter da Afghanistan e Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo “Eugénie” (Bibliotheka).