Luca Galofaro, The booklist, 5 X 2015
FRAMMENTI DI CITTA’
Venice a document
Sara Marini – Alberto Bertagna
Bruno, 2015 *
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“Venezia, città incantevole ed in pericolo, più antica della cristianità, che attrae da ogni angolo del mondo quanti sono sensibili alla bellezza e al fascino romantico… Forse la conoscete, forse non l’avete mai vista, forse potete ancora andarci, come abbiamo fatto noi, dopo vent’anni che lo desideravamo ardentemente e non a caso essa appartiene anche a voi come parte indimenticabile del grande retaggio della civiltà occidentale.”
Queste poche righe le ho appena lette su un piccolo libro finestre sul mondo una selezione del reader digest del 1959. Non conosco l’autore, un giornalista, uno scrittore o un semplice viaggiatore, resta il fatto che certe città appartengono alla memoria collettiva, all’immaginario di chi le ha conosciute anche per poco tempo.
Venendo a Venezia, non si deve pensare ai luoghi comuni seminati da tempo immemorabile cresciuti nell’immaginazione nel regno di troppa gente. Andrebbe anche lasciata da parte molta letteratura, che tante mistificazioni sulla città ha contribuito a creare. Forse una delle cose più belle scritte su Venezia l’ha scritta Massimo Cacciari “un solo istante del silenzio di Venezia può affondare la prepotenza della chiacchiera che intorno a lei di continuo rimonta.”
Per capire una città è necessario questo silenzio, che a Venezia è di casa, cercate di raccogliere le sensazioni, dovete avere il coraggio di “Profanare” la città, nel significato che ne da Giorgio Agamben quando scrive “profanare significava restituire al libero uso degli uomini….la profanazione implica una neutralizzazione di ciò che si profana. Una volta profanato, ciò che era indisponibile e separato perde la sua aura e viene restituito all’uso….”
Il silenzio, Dunque, contro l’ammasso di chiacchiere di stereotipi che gravano sulla città e la laguna intera. Oppure si devono mettere assieme frammenti, mescolarli alla propria memoria per assimilarli meglio. Cercare nella città altre città, nella sua arte altre opere, nella sua architettura altre architetture, bisogna più che scriverla leggerla così come hanno fatto Sara Marini e Alberto Bertagna in un piccolo libro per una Casa editrice indipendente veneziana BRUNO.
Vi avverto questa scrittura si avvicina più ad un taccuino di annotazioni piuttosto che ad un libro vero e proprio, graficamente perfetto nel suo bianco candido, titolo in nero Venice a document, e lista di parole chiave che ne rivelano i capitoli a rilievo, protetto da una bustina di cellophane che lo rende oggetto prezioso e particolarmente curato.
I 7 capitoli sono da leggere come atti unici, capaci di trasformare il reale in modelli di riferimento per leggere la città senza alcuna lettura storica ad influenzarci, nessun tentativo di strumentalizzare la lettura in chiave teorica, semplicemente cercare di capire attraverso i frammenti la città museo per eccellenza, costruita attraverso musei e mostre d’arte Internazionali, che sono la vera industria di questa città e che ce ne impediscono l’uso, la profanazione necessaria. Tornando alle parole di Agamben: “Se oggi consumatori nelle società di massa sono infelici, non è solo perché consumano oggetti che hanno incorporato in sé la propria inusabilità, ma anche soprattutto perché credono di esercitare il loro diritto di proprietà su di essi, perché sono divenuti incapaci di profanarli. L’impossibilità di usare ha il suo luogo topico nel museo. La musica azione del mondo e oggi un fatto compiuto. Una dopo l’altra, aggressivamente, le potenze spirituali che definivano la vita degli uomini, l’arte la religione la filosofia, l’idea di natura perfino la politica si sono una uno docilmente ritirate nel museo. Museo non designa qui un luogo o uno spazio fisico determinato, ma la dimensione separata in cui si trasferisce ciò che un tempo era sentito come vero e decisivo, ora non più. Il museo coincide in questo senso, con un’intera città, con una religione e perfino con un gruppo di individui, in quanto rappresenta una forma di vita scomparsa. Ma, in generale, tutto oggi può diventare museo è che questo termine nomina semplicemente l’esposizione di un’impossibilità di usare, di abitare, di fare esperienza.”
Gli autori leggono la città attraverso i luoghi e le mostre, non distinguono tra ciò che è città e ciò che invece è esposto in questa città. Un libro, diametralmente opposto a Elements of Venice di Giulia Foscari pubblicato in occasione dela Biennale di Architettura. Alla ricerca di un Metodo di analisi quello della Foscari che si misura con la storiografia e ben 700 pagine. Minimale nella forma e nel contenuto il secondo questo della Marini e di Bertagna che cera di tornare a quel silenzio tanto desiderato da Cacciari, silenzio che poi è necessario per concentrarsi sui rumori di fondo che sono quelli che fanno la città.
Ma andiamo con ordine partiamo dello spazio TRA le parole che costruisce questo libro fatto di tracce su cui costruire UN documento.
NOVISSIME: Venezia o Las Vegas, attraversiamo la Biennale del 2008 con i pensieri che cercano di definire un tempo, il tempo di Venezia.
SERENISSIMA: Il mare come terra, come spazio da conquistare e vivere, due città una davanti e l’altra che ne costituisce il lato nascosto, un esterno che poi è il vero interno di questa città.
FREEDOM: Le regole, semplici regole costruiscono l’uso degli spazi e degli elementi di questa città, una mappa testuale e comportamentale.
FONDACI: Il tema del preservare analizzato attraverso un’altra mostra in un’altra Biennale, ancora lo spazio museale che costruisce lentamente le condizioni perché questa città possa essere riutilizzata e ripensata di continuo.
THICKNESSES: Progetti che negli anni costruiscono lo spazio fisico ma anche l’immaginario di questa città. La forma ripetuta del triangolo. “We know that every city lives not so much in its forms but especially in its image…”
NOSTALGHIA: Un racconto della mostra Prima Materia organizzata dalla Fondazione Pinault, la mostra letta attraverso la città, la città appare sfocata attraverso le opere.
ECHOES: esiste un confine o un tempo in cui lo spazio urbano si è trasformato da quando il Museo non designa qui un luogo o uno spazio fisico determinato, ma la dimensione separata in cui si trasferisce ciò che un tempo era sentito come vero e decisivo, ora non più. Ancora rieccheggia l’eco del concerto dei Pink Floyd che hanno trasformato per sempre questo spazio urbano in qualcosa di diverso, un luogo fuori del tempo e dello spazio.
BACCALA’: “Elements of architecture …even the baccalà mantecato, at least for a Venetian, is not a simple sum of components blended well and properly cooked;it is much more than just food.”
ACQUA ALTA: Venezia e l’architettura, Venezia è l’architettura in tutte le sue forme.
MACHINES: Scritture, memorie, letture un dialogo immaginario tra scritture diverse.
MODERNITY: Tre opere, tre artisti, raccontano la modernità.
SIRENS: “City and nature here exchange supremacy over time and space in a waltz of hardly moderns accents, rather ancestral and hypercontemporary.”
CAROUSELS: Venezia di Francesco Guccini si fonde con l’opera di Carsten Holler.
Il tempo, l’acqua, il vento, disegnano un immaginario, gli artisti e gli architetti lo registrano gli autori usano questi frammenti di memoria per riscrivere se mai è possibile farlo questa città, senza scriverla soltanto raccontando altre storie. Ecco mi è venuta voglia di continuare e costruire anche io un documento capace di mettere assieme i frammenti di pensieri sulla mia città così come hanno fatto gli autori, di questo libro bianco scritto sottovoce.
Dimenticavo tra le pagine in ordine sparso sono custodite delle immagini, Archivio Venezia Sant’Andrea della Zirada, Sissi Cesira Roselli, 2014. Potete portarvele via, cambiargli posto, appartengono alla memoria dell’autore, da oggi appartengono a voi che leggete.
* ristampa in uscita a maggio 2017 (nota dello Studio)