La Sentenza in argomento è stata resa dalla 1a Sezione del TAR Sicilia di Catania (Presidente Dr. Luigi Passanisi, Relatore ed Estensore Cons. Vincenzo Salamone, Giudice a latere Cons. Salvatore Schillaci) in accoglimento del ricorso proposto da questo Studio legale in difesa di suo assistito.
Il pronunciamento (di quasi trenta pagine e tecnicamente pregevole) è molto complesso, articolato e nel condividere esplicitamente quattro motivi di gravame rilascia, oltre quello in rubrica, numerosi altri princìpi di diritto, tra i quali:
– Gli atti soprassessori ed interlocutori sebbene eventualmente illegittimi ben possono condurre ad un esito favorevole per il privato e quindi non sono soggetti a necessaria impugnazione prima dell’atto finale concretamente lesivo e definitivamente pregiudizievole.
– La P.A. deve esternare con chiarezza, trattandosi di potestà tipizzata, l’intendimento di avvalersi dell’annullamento d’ufficio. Se così non fosse, infatti, potrebbe dare ex post il valore più conveniente ai suoi atti, sfuggendo al sindacato di legittimità.
– Il decorso del tempo tra un atto amministrativo e il suo successivo annullamento in autotutela impone alla P.A. di motivare compiutamente quest’ultimo ponderando l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata con il sacrificio imposto al privato in cui era insorto un legittimo affidamento e dimostrando la prevalenza del primo sul secondo.
– A seguito dell’abolizione dell’istituto dell’approvazione delle operazioni di gara, nella Regione Siciliana il vincolo contrattuale di un appalto nasce al momento dell’aggiudicazione. Anche in coerenza con quanto stabilito dalle S.U. della Cassazione (4289 del 20.4.1991) in termini che “in difetto di diversa volontà della P.A., il processo verbale di aggiudicazione segna la conclusione del contratto con effetti vincolanti per entrambe le parti, restando la successiva stipulazione un atto meramente formale e riproduttivo”.
– Altra conseguenza dell’abolizione in Sicilia dell’approvazione è la definitività dell’aggiudicazione se non sono intervenuti rilievi o reclami e la pronuncia d’accoglimento degli stessi, entro venti giorni, dell’Amministrazione Regionale”.
– A mente dell’art. 5 L.2248/1865 all. “E” solo il Giudice ordinario – e non anche la P.A., salvo intervento in autotutela – ha il potere di disapplicazione dei provvedimenti amministrativi.
L’atto con cui la P.A. indice un procedimento concursuale dev’essere interpretato in caso di equivocità della formulazione dispositiva in modo da preferire la soluzione esegetica più favorevole all’ammissione degli aspiranti.
– A meno che non siano stati annullati in autotutela o previa impugnazione gli oneri probatori imposti dal bando, in quanto legge speciale della procedura concursuale, trovano applicazione anche se in contrasto con disposizioni normative primarie.
– Ulteriore principio affermato in Sentenza, infine, è quello che a fronte di una previsione concursuale che impone alle ditte partecipanti di produrre due certificati del Tribunale, uno della Sezione società commerciali e l’altro della Sezione fallimentare, è sufficiente la produzione di uno solo di essi nel caso in cui comprovi entrambe le situazioni giuridiche di fatto richieste. Principio, però, non condiviso dal CGARS che con successiva Decisione 503/93 (cfr. altra specifica rubrica in questa sezione del sito) ha in argomento stabilito il contrario di quella qui in esame.
Nel PDF a seguire il testo integrale della Sentenza TAR.