La Sentenza n. 569 del 10 marzo 2011 della I Sezione di Catania del TAR Sicilia (presidente dr. Biagio Campanella, estensore dr. Francesco Bruno, a latere dr. Salvatore Schillaci) prende le mosse da una Sentenza dello stesso TAR, confermata in appello dal CGA, resa nel precedente giudizio di legittimità a seguito di ricorso dell’impresa non aggiudicataria di un appalto assistita da questo Studio legale. E accerta nel comportamento della P.A. la sussistenza dell’illecito aquiliano con obbligo risarcitorio evidenziando che l’illegittima ammissione in gara ed aggiudicazione dell’appalto ad un’altra impresa non è imputabile alla difficile interpretazione di oscure norme di legge, o alla applicazione di divergenti soluzioni giurisprudenziali – circostanze, queste, che per giurisprudenza costante avrebbero potuto giustificare l’azione della PA – quanto piuttosto alla superficiale lettura della documentazione prodotta agli atti di gara. In definitiva, a condotta negligente ed inefficiente, quindi colposa, del seggio di gara.
Passando così alla quantificazione del lucro cessante per mancata aggiudicazione, il TAR da atto di due opposti orientamenti giurisprudenziali, uno più rigoroso e l’altro meno. E nell’abbracciare il primo dei due rileva che bisogna tener conto dell’”aliunde perceptum” in quanto in assenza di prova contraria è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi. E perciò, onde evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo risarcitorio, quanto da lui percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in contestazione. Al risarcimento del danno per lucro cessante va comunque aggiunto – conclude la Sentenza, in formato integrale nel PDF a seguire – quello del danno curriculare più rivalutazione e interessi.
Dell’appalto si è occupata a suo tempo anche la stampa locale (La Sicilia, 30.7.1995) osservando che “come nelle favole” le opere erano state realizzate in appena 2 mesi rispetto ai 6 previsti dal contratto. Ma in realtà è stata proprio questa inusuale accelerazione a consentire che i lavori venissero effettuati dall’impresa illegittima aggiudicataria facendo scattare per quella che invece avrebbe dovuto legalmente eseguirli il diritto (con doppio esborso per l’Ente pubblico) al risarcimento.