La Sentenza del Tribunale di Catania Sezione Lavoro n. 2684 del 23 ottobre 2013 (giudice dott.sa Valentina Maria Scardillo) ha riconosciuto la possibile operatività del rito lavoro a fronte tanto di un contratto di agenzia quanto di un contratto di procacciamento d’affari purchè sussista il carattere prevalentemente personale, oltre che continuativo, dell’attività in favore di un determinato soggetto. Invero per costante esegesi interpretativa, purchè sussista la prevalenza del rapporto personale e non si tratti di attività svolta in forma collettiva, la presenza di una minima organizzazione imprenditoriale in capo all’agente o al procacciatore non esclude la riconducibilità del rapporto nell’alveo dell’art. 409 CPC.
In ordine all’altro principio di diritto affermato, poi, la Sentenza sembra riportarsi a giurisprudenza della Cassazione Sez. Lavoro (per tutte, la n. 1824 del 28.1.2013) che per il contratto di agenzia ritiene necessaria la forma scritta “ad probationem” con la conseguenza che, in mancanza di essa, si deve escludere la possibilità della prova testimoniale (salvo che per dimostrare la perdita incolpevole del documento) e di quella per presunzioni.
La vicenda giudiziaria, seguita da questo studio legale in uno a quello del Prof. Avv. Antonio Giovati dell’Università di Parma, non esclude tuttavia ulteriori approfondimenti in grado di appello anche in ragione di quanto affermato in Sentenza (in versione integrale nel PDF qui di seguito) circa l’assenza di qualsiasi altro principio di prova che avrebbe reso non sussistente alcun margine per l’uso dei poteri istruttori di cui all’art. 421 CPC.