La Sentenza n. 3/2010 è stata emessa dalla IV Sezione del TAR di Catania (Presidente Dr. Biagio Campanella, Estensore Cons. Ettore Leotta, Giudice a latere Cons. Francesco Brugaletta) in accoglimento del ricorso risarcitorio avanzato da società di costruzioni assistita da questo Studio legale che era stata illegittimamente privata dell’aggiudicazione di un appalto. E dopo avere evidenziato gli elementi rubricati che hanno dato luogo al risarcimento del danno patito dalla ricorrente come conseguenza della colpa grave della P.A., enuclea gli elementi che determinano l’importo risarcitorio nei seguenti termini:
A) Il normale criterio del 10% sulla base d’asta per calcolare il lucro cessante non è suscettibile di applicazione automatica e indifferenziata, specie se conduce al risultato che il risarcimento sarebbe per l’imprenditore ben più favorevole dell’impegno del capitale. Appare quindi preferibile l’indirizzo giurisprudenziale che esige la prova rigorosa, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe perseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, in mancanza della quale è da ritenere che possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri servizi, così venendo in parte ridotta la propria perdita di utilità con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile (che nella fattispecie è stato quantificato nella misura dell’8% dell’offerta economica a suo tempo presentata).
B) Va pure riconosciuto all’impresa illegittimamente privata dell’appalto anche Il danno curriculare, cioè la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale e quindi la capacità di competere sul mercato e la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti. Tale ristoro va generalmente rapportato a valori percentuali compresi tra l’1% ed il 5% dell’importo globale dell’appalto da aggiudicare (e nella fattispecie è stato equitativamente determinato nel 2% del prezzo posto a base di gara depurato del ribasso offerto).
C) Ottenuto il risarcimento come sopra l’impresa non può pretendere il ristoro dei costi vivi per la partecipazione alla gara né di quelli per spese generali di cantiere, che con tutta evidenza non è stato mai attivato. Le vanno invece riconosciuti rivalutazione monetaria ed interessi secondo le regole solite dei debiti di valore e di valuta e, ovviamente, le spese di giudizio.
Di conseguenza la società è passata direttamente all’incasso di una più che cospicua somma anche se – come spesso avviene – senza particolari sensi di riconoscenza, di certo in termini economici, nei confronti di chi l’ha condotta a tale risultato.
Nel PDF a seguire il testo integrale della Sentenza.